Il 31 dicembre 1995 fu ratificata la Convenzione di New York, la prima ad aver dato una precisa definizione di bambino (child) che rappresenta la persona di chi non ha ancora compiuto il diciottesimo anno di età. In essa è presente una forte sottolineatura per i bisogni materiali dei bambini e si dà importanza alla cooperazione internazionale a sostegno delle politiche per l’infanzia soprattutto nei paesi poveri.
La stessa Convenzione può essere semplificata nello “schema delle 3P”: Provision, Protection, Promotion.
Il primo gruppo (provision, appunto), attesta il diritto di nascere e crescere in modo sano ed avere assicurati tutti gli elementi base per la sopravvivenza. Il secondo (protection), che tiene conto dello stato di minorità del bambino, riguarda tutti i diritti legati alla protezione (abusi, sfruttamenti, negligenze). Il terzo ed ultimo (promotion) contempla i diritti per la promozione del bambino come cittadino, quali il diritto all’espressione, alla libertà di pensiero ed alla associazione.
L’Italia, seppure con qualche anno di ritardo rispetto a buona parte dei Paesi europei, si è conformata al disposto dell’art.18 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989 e dell’art.12 della Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 1996 che impongono ai rispettivi Stati Membri di creare istituzioni e servizi incaricati di vigilare sul benessere dei fanciulli.
La parola bambino ha origini onomatopeiche e deriva da bambo o bimbo, una forma arcaica che significa babbeo, sciocco. Come si può notare si va oltre l’accezione negativa del significato e si va, invece, a sottolineare l’immaturità e la naturale incapacità di affrontare le difficoltà della vita.
Il nucleo che permette ai bambini di crescere e formarsi è la famiglia, che la nostra Costituzione definisce all’art.29 come “società naturale fondata sul matrimonio”. All’interno di questa è possibile rintracciare legami affettivi che si presentano basilari per la crescita del bambino, ma moltissime volte questi si “rompono” e ne fanno derivare conseguenze negative per i più piccoli.
È, dunque, un tema difficile quello che ci troviamo ad affrontare, che si presta di essere esaminato da diverse prospettive con capacità tecniche e professionali che diventano necessarie per salvaguardare i diritti dei minori e i loro principali interessi.
La legge n. 149 del 2001 ha previsto l’obbligo di nominare, anche d’ufficio, un avvocato per il minore nelle procedure relative alla dichiarazione di adottabilità e nei procedimenti sulla limitazione o decadenza dalla responsabilità genitoriale. Il diritto del minore ad essere ascoltato su ogni questione che lo riguarda è, fra i diritti dei minori, quello che più di ogni altro è stato al centro del dibattito giurisprudenziale e dottrinale degli ultimi anni. L’ascolto del minore non si presenta come fine a sé stesso, ma si pone in posizione strumentale rispetto alla finalità ulteriore di far conoscere l’opinione del minore riguardo all’assunzione di scelte personalissime, esistenziali, che lo riguardano o di provvedimenti giudiziari che incidono sulla sua vita.
Il percorso dei diritti dei bambini, nonostante abbia permesso una tutela sempre maggiore, non è ancora effettivamente e completamente attuato: eppure essi rappresentano quella parte della comunità così fragile, per la quale dovrebbe essere sempre e necessariamente opportuno adoperarsi con ogni tipo di mezzo, per evitare anche una minima lesione.
Ciò spetta necessariamente agli adulti, anch’essi bambini un tempo anche se spesso ce ne si dimentica.
“Il senso morale di una società si misura su ciò che fa per i suoi bambini”
Dietrich Bonhoeffer