Assegno divorzile revocato in caso di relazione stabile
La Cassazione è tornata occuparsi dell’assegno divorzile e più precisamente della condizione in cui l’ex coniuge che ha diritto di percepirlo abbia intrapreso una nuova convivenza more uxorio con altra persona (dando vita alla c.d. famiglia di fatto).
E’ stato infatti ha stabilito, con l’ordinanza 15 settembre – 16 ottobre 2020, n. 22604, che sicuramente farà discutere, che nel caso di rapporti stabili con nuovi compagni e compagne, ma anche quando sono in essere forme di convivenza mascherata, ovvero rapporti in cui si trascorra un numero consistente di giorni e notti insieme pur mantenendo domicilio e residenza formalmente distinti, allora viene meno l’obbligo alla corresponsione dell’assegno di mantenimento da parte del precedente coniuge.
Il caso è stato esaminato dalla Suprema Corte a seguito del ricorso proposto avverso la Sentenza n. 268/2018 della Corte d’Appello di Reggio Calabria che, riformando sul punto la decisione di primo grado, aveva stabilito il diritto dell’ex coniuge a percepire l’assegno divorzile di cui all’art. 5 comma 6 L. 898/1970. Il caso riguardava una donna divorziata che aveva avviato una nuova relazione stabile con un uomo, da anni, ma non conviveva ufficialmente con il nuovo compagno. L’ex marito, che versava da tempo l’assegno mensile di mantenimento, sosteneva che, nonostante i diversi indirizzi di residenza e di domicilio, la ex consorte, di fatto, vivesse insieme all’uomo, con cui si vedeva ogni giorno e con il quale trascorreva più notti nel corso della settimana. L’azione legale ha proposto che il mantenimento venga rimodulato, o addirittura revocato. Con una sentenza che darà spazio a un ampio dibattito, la Corte di Cassazione ha dato ragione all’ex marito: il diritto all’assegno di divorzio può essere revocato nel caso in cui la donna abbia una relazione sentimentale con periodi più o meno lunghi di convivenza, tanto da considerare come stabile la nuova unione.
La Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva disposto per il ricorrente l’obbligo di corrispondere alla ex moglie 400 euro al mese e aveva respinto l’appello nel quale lui chiedeva la revoca dell’assegnazione della casa coniugale. La richiesta dell’uomo alla Cassazione era di annullare la sentenza in questione, mentre quella della ex moglie — che si opponeva — era, invece, di ricevere un sostegno ancora maggiore, ottenendo 700 euro mensili, sostenendo di non avere nessun reddito e che la relazione stabile e continua con un altro uomo non era mai stata dimostrata. Per il marito, i giudici in sede di appello avevano sbagliato nel “qualificare la fattispecie giuridica di famiglia di fatto”: pur non essendoci una convivenza sancita dalla legge o dalla comune residenza, la relazione della donna doveva considerarsi stabile e pure datata, perché lei e il compagno, oltre a frequentarsi quotidianamente, trascorrevano molti giorni — notti comprese — nella stessa casa.
La Suprema Corte ha dato ragione al marito, ritenendo in effetti sussistente il lamentato vizio di motivazione della Sentenza d’Appello, affermando che “dopo aver richiamato la giurisprudenza di questa Corte in tema di famiglia di fatto, ha dato atto che era stato provato il rapporto sentimentale pluriennale e consolidato tra la ex moglie e il suo nuovo compagno, pure caratterizzato da ufficialità, nonché fondato sulla quotidiana frequentazione con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza, così ricostruendo la vicenda fattuale di rilevanza in modo conforme a quanto accertato dal Tribunale, secondo cui i suddetti fatti integravano in concreto la fattispecie della cd. famiglia di fatto. La Corte territoriale ha, invece, ritenuto che quella relazione non potesse ‘per ciò solo dirsi connotata da quei caratteri di continuità e stabilità che probabilmente rappresenterebbero il primo stadio necessario, ma – come detto – nemmeno sufficiente, per ipotizzare la creazione tra gli stessi di quella nuova famiglia di fatto secondo il valore ed il significato attribuiti al concetto dalla migliore giurisprudenza sopra detta”.
Come, dunque, osservano diversi matrimonialisti, spesso i coniugi separati o divorziati, destinatari di assegni di mantenimento mensili, danno vita a escamotage per non perderli. Uno dei più gettonati è quello di nascondere le nuove relazioni sentimentali stabili, che in molti casi comporterebbero la revoca dell’assegno. Spesso vengono nascoste anche le convivenze di fatto, creando un meccanismo di pernottamenti “random”, distribuiti in modo da evitare quella continuità che potrebbe convincere un giudice a riconoscere, appunto, una convivenza o una relazione stabile: i compagni vengono ospitati per qualche giorno, a giorni alterni, nei week end, e il dato della residenza non viene mai modificato. La pronuncia del mese di ottobre 2020 tende a evidenziare il fatto che i periodi di convivenza con il nuovo compagno non devono essere considerati singolarmente, ma complessivamente: in pratica la sommatoria dei periodi trascorsi insieme al nuovo compagno porta ad integrare il requisito della stabilità e della continuità, che porta alla decadenza dell’assegno.
Un approccio, questo, che farà, come detto, discutere perché rendendo più difficile, per le donne separate e divorziate, ricostruirsi una vita affettiva, esponendole inoltre a “indagini” e controlli continui da parte dell’ex coniuge.
Attualmente però, alla luce di tale pronuncia, è da ritenersi che una nuova relazione dell’ex coniuge, connotata da continuità e stabilità, gli fa perdere il diritto all’assegno divorzile di cui all’art. 5 comma 6 L. 898/1970.
[Fonte: Corriere della Sera]